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Prodotti tipici e ricette

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Prodotti tipici e sapori del territorio

Aceto balsamico tradizionale di Modena

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foto Elisabetta Pini

L'aceto balsamico ha un forte legame con la tradizione modenese, ma le origini dell'aceto, ricavato dalla fermentazione di frutta, in particolare uva, risalgono a babilonesi e romani che lo utilizzavano come condimento, per conservare altri alimenti e come medicinale.

Sono nati poi aceti modificati e tra questi gli 'aceti alla modenese'.

Oggi, nel segreto delle soffitte di famiglia modenesi, il mosto d'uva cotto, in determinate condizioni, si modifica e si trasforma con il tempo, in vaselli di legni diversi, in un prodotto squisito detto Aceto balsamico tradizionale di Modena, a cui è riconosciuta la DOP. 

Storia e regole di produzione dell'Aceto balsamico sono preservate dalla Consorteria di Spilamberto.

Acetaia comunale nella torre

Il Comune di Fiorano Modenese, nella torre del Castello di Spezzano, conserva la sua Acetaia comunale, visitabile al pubblico con guida e assaggi di prodotto.

Lambruscone di Fiorano

Lambruscone o Lambrusco oliva grosso, già nell'Ottocento questo vitigno veniva definito: “Lambruscone o Lambrusco oliva grosso, …acini grossi, ovoidei, polverosi: tanto radi da non toccarsi gli uni con gli altri. … Fatta la fermentazione vinosa in tino con buccia e graspe ad uso comune modenese, ottiensi vino di corpo, sapido; e come lo amano i mercanti lombardi, ben carico di colore, col quale si maschera benissimo santo-battesimo oppure si fanno tagli, cioè mescolanze con vini svuoti (acquosi e insipidi) di altre località, dove sia vino scadente per troppa quantità d’uva, o poca maturazione della medesima”.
Dopo le ultime ristrutturazioni dei vigneti, sta scomparendo. La zona di diffusione è l’area pedemontana modenese.

Carciofi

I carciofi prediligono le terre calcaree, esposte al sole; costituivano la tipica produzione domestica degli orti posti sulle colline sopra il Santuario di Fiorano, un tempo le carciofaie coprivano sponde intere di colline fioranesi, qualche famiglia del luogo continua ancora oggi la produzione.

Capperi

Il cappero è una pianta che necessita di terreno calcareo, cresce spesso sui muri ben esposti al sole delle case in sasso; ancora oggi si ritrova sulle mura del castello di Nirano e del Santuario di Fiorano. Il suo bocciolo, sotto sale, costituisce il complemento di tanti cibi stuzzicanti della tradizione locale.

Fichi bianchi e neri

“Grande era … il provento ricavato dai fichi, che ogni mattina, all’epoca della raccolta, venivano portati sulle piazze di Modena e Reggio e anche di Bologna ed erano ritenuti i migliori e i più saporiti delle colline modenesi e reggiane” (Guido Bucciardi, 1934, Fiorano nelle vicende storiche del Castello e del Santuario: dalle origini al 1859, Modena)
“….. Fiorano, dove nascono fichi in copia grande …” (Alessandro Tassoni, 1622, La Secchia Rapita, canto III, 44)

Tigelle o crescentine

 La regina delle specialità rustiche modenesi sembra cambiare nome a seconda dei gusti o delle zone. Ma non è solo una questione di tradizioni. Il termine “crescentina” indica di fatto questo impasto di farina cotto in piccoli dischi. Le tigelle sono invece, almeno in origine, i piccoli sostegni circolari in terracotta utilizzati proprio per cuocere le crescentine attorno al fuoco. In ogni caso se passi dalle parti di Fiorano Modenese non puoi non gustare questa specialità che viene proposta da tutti i ristoranti, trattorie della zona.

Ecco qui un simpatico omaggio in musica alla bontà delle tigelle o crescentine.

Ricette del Museo della ceramica di Fiorano

Filastrocca sul bensone in dialetto di Fiorano

Al busilen ed Fiuran

Alaura ag vuel di uav e dla faraina
dal socher e dal lat,
al dev eser tander e cot in dal fouren con un poc ed socher souvra.
La mama la nin feva du o tri ala volta e a laimitiva in dla cambra (a ghiera poc post)
e me quan andeva a let a nin magneva seimper un pcaun
e la mama da dedlà lam giva 'canta at voi seintir canter.....'

(segnalata da Antonella Minelli)

traduzione filastrocca:

Allora ci vogliono uova, farina, zucchero e latte; deve essere morbido e cotto nel forno con un poco di zucchero sopra. La mamma ne faceva due o tre alla volta e li metteva nella camera (c'era poco posto) e io, quando andavo a letto, ne mangiavo sempre un pezzetto e la mamma dalla cucina mi diceva: "canta, voglio sentirti cantare"...